giovedì 29 ottobre 2009

Nano


Era da un po' che volevo scrivere qualcosa sul traffico di queste parti. Però mi sembrava come sparare sulla Croce Rossa quindi ho sempre desistito.
Ora però lo spunto è ghiotto: un paio di sere fa tornando a casa ho visto la mia prima Tata Nano parcheggiata in Nerhu Street, l'arteria principale dello shopping qui a Pudu. Gialla e compatta, fresca di concessionaria, senza (ancora) nessun fronzolo o adesivo con cui di solito gli indiani impiastrano le loro automobili.
Il caso Tata Nano ha sollevato un vespaio di polemiche in India: l'uscita del modello sul mercato è stata posticipata più volte fino a che, almeno così mi sembra di aver letto, lo scorso Marzo si sono decisi a commercializzarla. La Nano ha un prezzo estremamente competitivo, circa 1700 euro, e dovrebbe rappresentare in India quello che in Italia ha rappresentato la 600 cioè l'icona del boom economico e della motorizzazione di massa. Nel subcontinente le automobili non sono così diffuse, anche se non sembrerebbe a giudicare dai continui ingorghi. Quaggiù però, non bisogna mai dimenticarsi del numero di persone con cui si ha a che fare. Se facciamo una statistica della percentuale di automobili per ogni abitante il risultato è infinitamente inferiore a quello di qualsiasi Paese occidentale.
Il mezzo di trasporto più diffuso è la motocicletta: è piuttosto comune imbattersi in un'allegra famigliola di quattro o addirittura cinque persone incastrata stile Tetris in sella ad una Hero Honda. Ho smesso fin da subito di chiedermi come diavolo riuscissero a tenersi in equilibrio, fatto sta che ci riescono. D'altronde anche gli autobus e i taxi comuni sono stipati all'inverosimile, molti passeggeri non disdegnano di farsi il viaggio sopra al tetto o addirittura aggrappati a qualche appiglio di fortuna. Anche durante la stagione delle piogge non abbandonano il loro mezzo a due ruote con il risultato che, nonostante cerate e k-way, arrivano a destinazione inzuppati come pesci. E' stato proprio quest'ultimo il motivo per cui il signor Ratan Tata ha deciso di investire in una macchina low-cost. Così che tutti o quasi avrebbero potuto permettersi una cappotta sotto la quale ripararsi nel periodo dei monsoni.
L'idea del Tycoon di Mumbai sembrava buona almeno negli intenti: però non si deve certo essere un esperto di finanza o di industria per capire che se si vuole costruire un automobile e venderla a 1700 euro e pensare oltretutto di ricavare un profitto, bisogna essere un mago.
La Tata, inizialmente, fu accusata di risparmiare sulla qualità delle materie prime e sulla scarsità dei sistemi di sicurezza. Poi, scoprirono, che la macchina veniva prodotta in degli stabilimenti del Gujarat, uno stato poverissimo, dove la manodopera è una delle più convenienti dell'India e la situazione dei lavoratori tremenda. Alla fine venne fuori la storia che l'automobile, essendo stretta ed alta, si ribaltava un po quello che successe in Europa con le prime Classe A della Mercedes. Solo dopo aver dimostrato l'assoluta falsità di tutte queste calunnie la Tata ottenne il via libera per la vendita.
Inizialmente scoppiò una sorta di follia collettiva, per far fronte alle numerose richieste le concessionarie organizzarono, addirittura, delle lotterie: il cliente arrivava pagava 3000 rupie (50 euro) e se veniva estratto poteva comprare la macchina altrimenti addio soldi. Poi con il passare del tempo l'entusiasmo scemò ed io stavo ancora aspettando di vedere in circolazione il primo modello.
Fino allo scorso Mercoledì. La Nano assomiglia ad una nostra Chevrolet (ex-Hyundai) Matiz, se possibile, ancora più plasticona....insomma, tanto rumore per nulla.

Di pari passo alla motorizzazione di massa dovrebbe svilupparsi un sistema di infrastrutture adeguato, quindi autostrade, strade secondarie e parcheggi. Ma fino ad ora, se escludiamo alcune highways che collegano le principali città, nulla di questo è stato fatto (almeno quà al Sud). Se realmente ogni moto diventerà una Tata Nano la già iper-congestionata situazione attuale si trasformerà in un inferno su quattroruote.

Speriamo bene Mr.Ratan...

India Gate SlideShow II

lunedì 26 ottobre 2009

A&A

Alberto e Arianna o Arianna e Alberto sono una bella coppia, giovane e bionda, di cooperanti Lodigiani. Fra le mie amicizie indiane il settore privato è nettamente surclassato da quello no-profit.
Lei, altruista, sensibile e generosa, ha mollato il suo lavoro, tanto sicuro quanto noioso, di impiegata alla Fed-Ex per dedicarsi alla causa indiana. Lui, iperattivo, entusiasta e un pò paraculo (non me ne voglia, l'accezione del termine è positiva), studi di perfezionamento e Master negli Stati Uniti aveva, invece, ben chiara quale sarebbe stata la sua carriera.

Arianna si è stabilita da subito a Pudu dove è la responsabile italiana per un Centro di accoglienza che tenta di garantire un futuro dignitoso a ragazzini ed adolescenti che altrimenti non l'avrebbero. Conta circa una cinquantina di ospiti ed il numero è in aumento. Forniscono una istruzione di base e cercano di insegnare ai ragazzi dei mestieri che potranno permettergli, un domani, un inserimento nel mondo del lavoro.

Alberto, inizialmente, girava in lungo e in largo il subcontinente e non solo, alla ricerca di progetti brillanti da poter finanziare attraverso la sua ONG di riferimento. Senza dubbio molto interessante ma allo stesso tempo faticoso e stressante. Affrontare un viaggio in treno da queste parti non è proprio la stessa cosa che sedersi con il posto prenotato su un Eurostar italiano. Anche le sue numerose trasferte aeree a lungo andare logoravano. Ora, però, pure lui è di stanza a Puducherry e si occupa del Centro.
Nonostante tutti i loro numerosi impegni e gli orari massacranti hanno trovato la forza di adottare due cuccioli. Tornando a casa una sera hanno visto stì due cagnolini abbandonati nella spazzatura, la tentazione è stata troppo forte ed ora India ed Asia scorrazzano felici (e pulite) nel loro appartamento.

Sabato sera abbiamo mangiato insieme dal Doc. Dopo cena Arianna ha fatto dei mojito fantastici...potrebbe insegnare tecnica e ricetta a qualcuno dei suoi ragazzi: un posto come barman sarebbe garantito...


c.



martedì 20 ottobre 2009

Davide 2.0

Davide sembra essere un nome comune fra i cooperanti.

Verso la metà di Agosto a sostituire Paolo Palmerini, ex-project manager per l'ong Ciai, è arrivato per l'appunto Davide: medico di Magenta, Lombardia. Divide il nome con il mio corregionale Amurri ed inizialmente stà cosa ha creato un pò di confusione. Chiamavi uno e si girava l'altro e viceversa. Ora questo problema non si pone più, Davide, il marchigiano, in India non metterà più piede; almeno nell'immediato. Come scrivevo in uno dei miei ultimi post il suo contratto indiano è terminato.

La "Casa di Davide", punto di riferimento nella movida puducherriana (..eheheh...), comunque continuerà ad essere tale: il lombardo ha rilevato l'affitto del marchigiano.

Il Dottore di Magenta inizialmente era piuttosto schivo e silenzioso. Rientreva tutto nei canoni di un normale ambientamento, con il passare del tempo si è sciolto. Rimane comunque una persona tranquilla e di poche parole nonchè ottimo sassofonista: almeno così dice. Abbiamo provato a farlo esibire ma non c'è stato verso: bisognerà attendere un altro pò per gustare la sua musica balcanica (e non solo, spero...).

Chiaccherando un pò con lui ho scoperto che prima di sbarcare a Pondy è stato un anno in Congo. Laggiù lavorava come medico in uno sperduto villaggio nel cuore dell'Africa Nera. Mi ha raccontato diversi aneddotti, divertenti per chi li ascolta, su camere da letto con serpente incorporato, su cene al buio dove era meglio non chiedere cosa ci fosse nel piatto (non era l'ultima tendenza africana, l'elettricità era una chimera) e su cellullari che prendevano una volta a settimana solo all'ombra di un determinato banano. Non proprio quello che si intende per comfort occidentali.

Dovrebbe rimanere in India almeno un anno. Facendogli un grande in bocca al lupo per la sua nuova avventura concludo con la speranza che ci allieti presto della sua musica.


c.